Questo disco fa parte dei tre album “sui generis” inclusi nella classifica Best Album Of 2013, che si attiene ad atmosfere più pop rock, tipiche di Wasabi Radio. Esclusivamente per questo motivo è presentato nelle tre ultime posizioni della classifica, poiché difficilmente confrontabile.
Torna a scrivere le sue prime canzoni dopo dieci anni, Sting. Dal 2003 qualcosa gli aveva impedito di comporre e come lui stesso ha più volte raccontato alla stampa, portare a termine la composizione di questo disco è stato per lui molto faticoso. Avrebbe potuto ricominciare con qualcosa di più semplice forse. Ma questo è quel che vien da dire a chi, come noi, comuni ascoltatori, sfugge l’importanza di aggiungere sempre qualcosa a quel che si è già detto. Il rock, il pop, la newave, poi la world music, un po’ di jazz, le incursioni nella classica, la musica rinascimentale e i liutai, l’orchestra. Mancava un musical per Broadway, ispirato alla crisi dei cantieri navali nell’Inghilterra degli anni Ottanta. Questo album ne è la versione pensata in canzoni. Racconta storie semplici, di operai e impiegati e le racconta quasi esclusivamente in versione acustica, senza risparmiarsi autocitazioni che sottolineano come sia sempre stato vicino a quel sentire, a tratti malinconico, dei menestrelli. Atmosfere folk prima di tutto, e poi il jazz qui e lì, e qualche accenno funky, ma sempre puntando al racconto, alla voce che scivola leggera sulle melodie pensate forse più per il teatro che per l’ascolto in salotto. Quanto di più lontano possa esserci dal ritorno dello Sting di Nothing Like The Sun? Forse. Ma non è detto. E’ comunque il Gordon Sumner preferito di chi lo ama in versione raffinata. Il contrario del pop? Be’, strano a dirsi visto che i protagonisti delle canzoni qui narrate sono più “popular” che mai. Eppure no, di musica leggera, qui non si puo’ proprio parlare. Ma che meraviglioso disco di leggerezza pesante, questo suo!